ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:        Pag.     )
Giovedì 9 ottobre 2003

CLAUDIO SARDO

DENTRO IL PARTITO


Dentro An, ieri, c’era anche chi scherzava. «Per compensare l’uscita sugli immigrati - la battuta è di Sandro Delmastro Delle Vedove, deputato piemontese di An - ora Fini deve proporre Faccetta nera come inno nazionale». Maurizio Gasparri si preoccupava, invece, di emendare Fini, limitando il più possibile la portata dello strappo: «Io ho detto qualcosa di destra. E penso che, di fronte ad una simile novità, al partito torni utile che qualcuno difenda le posizioni tradizionali». Ma nel gruppo dirigente di An, tra i parlamentari, prevalevano ben altri sentimenti: sconcerto, smarrimento, irritazione, persino rabbia. Ne è testimonianza la «lettera a Fini», scritta da Alessio Butti e Tommaso Foti, che in pochi minuti ha raccolto le firme di una sessantina di deputati (su 99 del gruppo di An). Una lettera senza eccessi polemici, comunque critica sul voto agli immigrati e sull’assenza di un dibattito negli organi del partito. Poi la lettera è scomparsa: «Qualcuno voleva trasformarla in un attacco a Fini e l’abbiamo stracciata» ha spiegato Butti.

Tutti, però, hanno toccato con mano che dissenso e sconcerto oltrepassano i confini delle correnti. Francesco Storace è contrario al voto agli immigrati come lo è Gasparri. E una finiana come Viviana Beccalossi, vicepresidente della Regione Lombardia, ha preso carta e penna per chiedere la «convocazione urgente» della direzione di An. Da quelle parti l’offensiva della Lega contro An è già scattata: i muri di Milano sono tappezzati di manifesti leghisti su cui campeggia il motto: «Voto agli immigrati? No grazie». Nella base, soprattutto quella del Nord, c’è la grande paura che «la proposta di Fini colpisca proprio l’elettorato di An», come pronostica Bobo Maroni.

Numerose e-mail di protesta hanno raggiunto, ieri, via della Scrofa. E le dichiarazioni a favore di Fini di Nania, Mantovano, Matteoli non hanno cancellato, di colpo, i timori diffusi tra i colonnelli. La prima domanda che circola nei vertici di An riguarda i modi della sortita di Fini: «Perché l’ha fatto senza avvertire nessuno?» Neppure Ignazio La Russa sapeva (anche se, da subito, ha lavorato per ricomporre i dissensi dentro An). Il gesto di Fini è stato da molti inteso come uno schiaffo al partito: «Ciò che infastidisce - ha protestato Teodoro Buontempo - è far apparire un leader moderno e tollerante a fronte di un partito meno moderno e tollerante». Buontempo rappresenta l’anima missina. Ma anche chi si sente ormai lontano dalle vecchie radici, ha avvertito un crescente fastidio del vicepremier per le grandi manovre correntizie, che hanno di fatto diviso il partito in due (La Russa-Gasparri contro Matteoli-Alemanno-Storace). Naturalmente, Fini pensa anche alla propria immagine di leader. Teme il doppio logoramento: battaglia poco efficace per contenere Bossi e lotte di correnti dentro il partito che fatica a governare.

Ma ciò che ai colonnelli, per ora, sfugge è l’approdo. «Se l’obiettivo è la lista Fini - dice Storace - allora questa posizione sugli immigrati ha un senso, altrimenti non riesco a capire». «Se la ragione vera è aprire lo scontro finale con la Lega - sostiene un altro dirigente di primo piano - bisognava scegliere un terreno a noi più congeniale, come l’interesse nazionale o il Mezzogiorno». Il braccio di ferro con la Lega e con Berlusconi sul governo ha come traguardo gennaio. Ma il partito è già proiettato verso la prova decisiva di giugno, alle europee. «Fini lavora per la lista unitaria con Forza Italia, An e Udc» ripetono in via della Scrofa. Ieri, comunque, Fini ha chiesto ai suoi, attraverso La Russa, di mettere da parte i distinguo e di garantire un sostegno pieno, annunciando la presentazione di un disegno di legge sul voto agli immigrati. Il dubbio dei colonnelli è: «Cosa accadrà di An, se poi la lista unitaria non dovesse realizzarsi?»


    

 

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