ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:    Pag.     )
Venerdì 21 Febbraio 2003

LINDA PACE

 

Vigna: «Gli imprenditori meridionali accettano la criminalità. Non fa paura, dà sicurezza»


Sette miliardi e mezzo di euro l’anno. Questo è il valore della mancata crescita del valore aggiunto delle imprese meridionali causata dalla «presenza pervasiva» della criminalità organizzata. Rilancia questo dato lo studio promosso dalla Fondazione Bnc con il Censis, nell’ambito del programma «Cultura dello sviluppo e cultura della legalità nel Mezzogiorno», presentato a Roma e già anticipato ieri dal «Mattino». «Sembra quasi che per gli imprenditori del Sud ci sia l’accettazione della criminalità, considerata strutturale al panorama imprenditoriale in cui operano. Non fa paura, ma dà sicurezza» è il commento del procuratore nazionale antimafia, Pier Luigi Vigna. «È singolare - dice Vigna - che gli imprenditori intervistati che denunciano un minor tasso di insicurezza siano siciliani e calabresi, dove invece la criminalità è più strutturata. Gli imprenditori, cioè, sembrano rivolgersi alla criminalità per avere quella sicurezza che non si ha dallo Stato. Ed è così che ritroviamo la mafia come industria della protezione».

Il volume di ricchezza non prodotta rapportato al valore del Pil del Sud, spiega il rapporto Censis, ne rappresenta il 2,5%: un «tasso di zavorramento mafioso annuo» che, applicato allo sviluppo economico degli ultimi 20 anni, produce effetti di forte ritardo di sviluppo. Se il «tasso di zavorramento mafioso annuo» non avesse avuto modo di incidere sull’andamento della produzione, dal 1981 ad oggi il Pil pro capite del Sud avrebbe raggiunto quello del Nord. «Un’analisi cruda ma realistica - afferma Michele Florino, componente della Commissione Antimafia - Il controllo criminale sul sistema economico e produttivo, specie in Campania assume toni drammatici per l’acquisizione dei meccanismi di scambio di merci e servizi, l’utilizzo di manodopera per attività illecite, l’elevato potere di concorrenza per i costi della merce inferiore a quelle aziende che operano rispettando le regole della concorrenza». Ma l’ombra della criminalità sulle imprese si manifesta anche sotto forma di costi per dotarsi di sistemi di sicurezza che ammontano a circa 4,3 miliardi di euro, pari al 3,1% del fatturato totale imprese. Inoltre il mancato valore aggiunto avrebbe potuto generare almeno 180 mila unità di lavoro regolari annue, cioè il 5,6% di quelle utilizzate dalle imprese fino a 250 addetti nel Sud.

Per aiutare le imprese impegnate nel Sud «è necessaria una semplificazione delle norme, studiando anche un meccanismo di controllo degli appalti, serio, penetrante, che renda sconveniente aggirare la legge» propone il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano. «Da tempo è allo studio della Dia un sistema che consenta, nella gestione degli appalti, di intervenire prima e di scoprire alcuni meccanismi di aggiudicazione degli appalti, alterazioni d’asta, quegli indizi che non sono però prove certe ma che vanno stroncati sul nascere». E Mantovano ha invitato gli imprenditori «a affrontare il problema, scegliendo di aggiudicarsi gli appalti nel Sud. E se ci sono tentativi di estorsione o altro, denunciarli».

Nel rapporto Censis, del resto, se da un lato c’è la forte denuncia di un contesto insicuro da parte di aziende in Campania e Puglia, dall’altro si registra un basso tenore di denuncia di atti criminali tra gli imprenditori siciliani e calabresi. «Il dato sta a indicare - sottolinea l’istituto di ricerca - in queste regioni un senso di assuefazione o di accettazione alla convivenza con fenomeni che distruggono intere parti del tessuto produttivo meridionale. Fa riflettere dunque come per il 78% degli imprenditori calabresi e per il 51,5% cento di quelli siciliani le attività criminali sul territorio sono rare». Resta il fatto che solo una minoranza del campione, pari al 38%, non ha mai sentito parlare di danni arrecati dalla criminalità alle imprese, mentre per il 62% le aziende sono vittime di vessazioni o di imposizioni di vario tipo. Furti, danneggiamenti, estorsioni e rapine sono i reati di cui si sente maggiormente parlare, ma non manca chi, fra gli intervistati, denuncia «nuove forme di controllo» della criminalità sul sistema delle imprese. Questo diffuso senso di paura spinge quasi il 70% degli intervistati ad affermare che l’imprenditore subisce nel Sud troppi condizionamenti esterni, tanto da non sentirsi libero nelle decisioni; e questo clima esasperato spinge il 25% a denunciare una eccessiva difficoltà a «continuare la propria attività».


 

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