ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione:        Pag.     )
Giovedì 16 Giugno 2005

PIETRO PERONE

 

  

 «Sul referendum abbiamo sbagliato tutti». Alemanno conferma le dimissioni: chiarimento a luglio


 

Un po’ come avviene ai congressi di An, c’è chi parla male di Gianfranco Fini, ma quando si tratta di farlo apertamente i toni si smorzano e le critiche diventano soft. Così è avvenuto ieri nel corso di un ufficio di presidenza concluso con l’avvio del chiarimento all’indomani della spaccatura referendaria e dopo l’addio di Gianni Alemanno dal vertice e di Alfredo Mantovano dall’esecutivo. È lo stesso vicepremier a spiegare che però «nessuno ha chiesto le mie dimissioni» e infatti il responsabile della Farnesina non parla affatto da leader dimezzato, tanto da non preoccuparsi di giudicare «interessante» il progetto di partito unico lanciato da Berlusconi, «rassemblement» lo definisce Fini che poi avverte: «Va però riempito di contenuti e chiarito nella tempistica senza pregiudiziali».

L’altro giorno era stato il Cavaliere, preoccupato della lite esplosa in An, a dare una mano al suo vice definendo la nuova forza politica non più unica, ma unitaria e aggiungendo che alle Politiche del 2006 si sarebbe comunque andati ognuno con il proprio simbolo. Fini può così rispondere a tono dicendo che Alleanza nazionale non può sottrarsi a una riflessione «doverosa del sistema politico italiano e quindi anche sul progetto avanzato da Berlusconi, in particolar modo la scelta di presentare alle elezioni i simboli dei partiti e prevedendo tempi che vadano al di là del voto». A piccoli passi e soprattutto senza perdere pezzi per strada: Alemanno al termine del vertice conferma le proprie dimissioni dal vertice del partito e rinvia il chiarimento all’assemblea nazionale convocata nei primi due giorni di luglio in cui Fini annuncia di volere dare «un’indicazione per ciò che riguarda gli aspetti organizzativi». Promozioni ai collonnelli? Il ministro dell’Agricoltura chiede però una «nuova Fiuggi» per riappropriarsi dei valori della destra, quelli che per alcuni sarebbero stati smarriti.

Il leader assicura invece «che il chiarimento è stato avviato e non riguarda chi deve guidare An». Dopo i colloqui dell’altro giorno, compreso un lungo faccia a faccia con il principale antagonista, Fini si appresta a uscire indenne dallo strappo sul refendendum, vicenda appena accennata: «Se ho sbagliato abbiamo sbagliato tutti perché nel penultimo ufficio politico che abbiamo tenuto decidemmo di votare secondo coscienza e così ho fatto». Tre sì per abrogare la legge sulla procreazione a differenza di gran parte del suo partito che ha condiviso la scelta dell’astensione. Avrebbe infatti replicato Alemanno: «La responsabilità principale di quanto avvenuto è tua perché sei tu il capo del partito».

La tensione resta, ma «è stata ugualmente una riunione sostanzialmente positiva», spiega il ministro Altero Matteoli e Maurizio Gasparri giudica «positivo approfondire le questioni politico-identitarie». Fini avverte intanto che per quanto lo riguarda, pur se ritiene giusto il confronto, la linea del partito «è perfettamente in sintonia con i principi e i valori definiti a Fiuggi». Soddisfatto il vice presidente vicario, Ignazio La Russa, che sottolinea come «i toni pacati che avevo chiesto ci sono stati e il dibattito - assicura - è indirizzato al rilancio di An». Un partito nelle mani dei collonnelli che però a loro volta non sembrano in grado di poter fare a meno di Fini, il leader che conferma di voler restare al comando oggi e forse dopo, sicuramente fino al prossimo congresso in programma dopo le elezioni «e quindi in un arco di tempo sufficientemente lungo che mi autorizza a non pormi adesso la questione», taglia corto il vicepremier.

Come durante l’ultima assise di Bologna, dove la Destra sociale di Alemanno e Storace non mancò di menare fendenti e poi siglare la pace, i colpi di cannone annunciati in questi giorni per ora si rivelano a salve. Appuntamento il 2 e 3 luglio in simultanea con il congresso dell’Udc: due assemblee in cui Berlusconi spera di raccogliere il definitivo via libera affinché il «partito nuovo» possa cominciare a muovere i primi passi.


    

 

vedi i precedenti interventi