ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL MATTINO
(Sezione: Speciali   Pag.  2 )
Martedì 4 giugno 2002

ANTONIO TROISE


LE NUOVE REGOLE



È tutto in ordine del giorno, limato fino all’ultimo minuto, prima di essere consegnato al presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, l’accordo che mette fine allo scontro Lega e Udc. Così, la legge Bossi-Fini, con le nuove regole sull’immigrazione, supera lo scoglio di Montecitorio. Stamane ci sarà il voto finale. Ma sarà solo un atto formale. Subito dopo, il provvedimento tornerà a Palazzo Madama, per l’approvazione definitiva. Nel frattempo, prima che la Bossi-Fini diventi legge, il governo metterà a punto un provvedimento ad hoc per regolarizzare gli immigrati che già lavorano in nero presso le piccole e medie imprese L’Udc avrebbe voluto che, nell’ordine del giorno, fosse esplicitamente indicata la «contestualità». Un termine che Bossi non ha digerito: «Ma che contestualità d’Egitto...», ha sentenziato stizzito mentre era in corso la votazione.

Così, dopo tre vertici lampo fra il leader della Lega e i ministri «centristi», Buttiglione e Giovanardi, con la mediazione del vice-premier Gianfranco Fini, si è trovato l’ennesimo compromesso. Fuori dall’ordine del giorno il temine contestuale e dentro una perifrasi che di fatto, spiega Buttiglione, «stabilisce che con l’entrata in vigore della legge ci sarà anche il provvedimento sul lavoro nero». Alla fine l’ordine del giorno presentato dai capigruppo della Casa delle Libertà passa a larga maggioranza (265 sì e 11 no), con i deputati di Ulivo e di Rifondazione che però preferiscono non votare.

È il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, a convincere Bruno Tabacci, primo firmatario dell’emendamento della discordia, a ritirare la sua proposta per regolarizzare anche gli immigrati che lavorano al nero nelle piccole e medie imprese. Ma l’emendamento viene fatto proprio dal gruppo della Margherita e quindi messo ai voti: 251 no (compresi quelli dell’Udc) e 186 sì. Poco prima, erano stati superati, senza grossi problemi, anche gli ultimi due scogli sulla strada della legge: quello relativo al destino dei contributi previdenziali versati dagli immigrati (potranno essere riscattati solo a 65 anni) e quello del ricongiungimento dei familiari. Passa, con il parere favorevole del governo, anche l’ordine del giorno, presentato dal leader della Margherita, Francesco Rutelli, che impegna il governo «a estendere immediatamente a tutti i cittadini italiani il sistema di identificazione fotodattiloscopico (le impronte digitali, n.d.r.) attuando, attraverso un apposito decreto, le disposizioni per il rilascio della carta di identità elettronica».

Alla fine, poco prima di uscire dall’Aula, i protagonisti dello scontro all’interno della maggioranza, Bruno Tabacci, Umberto Bossi e Ignazio la Russa si abbracciano soddisfatti. Ma la polemica non è del tutto superata. Anche perché, resta ancora sospeso il problema dello strumento legislativo che il governo utilizzerà per venire incontro alle richieste dell’Udc. Tabacci insiste sul decreto legge. Ma Bossi non ci sta e preferirebbe che il problema venisse risolto nel decreto del ministro Maroni che regola i flussi degli immigrati. Fini, invece, sta pensando ad una norma transitoria che accompagnerebbe l’approvazione definitiva del provvedimento. Durissimi comunque, i commenti dell’opposizione. Per il capogruppo dei Ds, Violante, «è stata un conclusione farsesca». Per Castagnetti, infine, «ha di nuovo vinto Bossi ed ha perso l’Udc».

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