ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su il manifesto
(Sezione:  Politica   Pag.  2  )
Mercoledì 4 Dicembre 2002

A. MAN.

 

«Il teorema è crollato»
Il movimento fa festa ma riflette sul G8 e le altre inchieste


 

E' una liberazione per tutti. Adesso il movimento festeggia, grida «all'ignobile montatura crollata al primo soffio di vento» (Piero Bernocchi, Cobas), insiste che era «solo un tentativo di criminalizzazione» (i Disobbedienti di Cosenza). Vittorio Agnoletto si fa vivo via e-mail da Baghdad: «La scarcerazione di tutti gli era un atto dovuto, proseguiremo il nostro impegno innanzitutto contro la guerra». Nei centri sociali e nelle sedi dei Cobas, all'università della Calabria come a Taranto e a Napoli è il momento di riabbracciare i diciassette appena usciti dal carcere e dai domiciliari. Oggi a Cosenza, la città in cui è partita l'inchiesta sul Sud ribelle e in cui fanno politica otto arrestati su venti, la festa la faranno in piazza, con la sindaca Eva Catizone e i «sovversivi» ex detenuti affacciati al balcone di Palazzo dei Bruzi, come l'ex leader dell'autonomia Franco Piperno ai tempi di un «teorema» ormai ingiallito.

E' una grande soddisfazione anche per Rifondazione e per i Verdi, in particolare per gli esponenti più legati ai movimenti come Russo Spena, Vendola, Bulgarelli, Cento e altri. Al coro si uniscono anche i Ds (Folena, Brutti), qualcuno della Margherita (Fioroni), il presidente della regione Campania Bassolino e il sindaco di Napoli Russo Jervolino. Tutti vogliono dire una parola, persino la sottosegretaria alla giustizia Iole Santelli considerata vicinissima a Cesare Previti: «Bisogna riflettere sulla custodia cautelare», ha detto. Del resto la procura di Cosenza, almeno apparentemente, era stata abbandonata perfino dalle destre. «L'ordinanza sarà annullata», tuonava il sottosegretario agli interni Alfredo Mantovano, ma solo per indicare che «altre inchieste» sarebbero state rovinate dall'iniziativa calabrese.

Anche nel giorno della festa il movimento deve perciòfarsi qualche domanda, «riflettere su quanto sta accadendo» come suggerisce Pietro Rinaldi dei Disobbedienti napoletani. E non solo perché, fino al deposito delle motivazioni della decisione di ieri, nessuno può prevedere esattamente che fine farà il teorema del pm Domenico Fiordalisi. Ci sono altre ragioni e nel movimento le vedono in molti. Innanzitto la pagina del G8 è ancora aperta, con la richiesta di archiviazione per il carabiniere Placanica nell'inchiesta sull'omicidio Giuliani (è arrivata ieri l'altro: difficile non pensare a una sapiente regìa) e la minaccia di arresti per devastazione e saccheggio; e poi decine di indagini e di procedimenti vari sono aperti in tutta Italia su militanti e settori del movimento, sia pure senza ipotesi di reato in stile cosentino. Non a caso Luca Casarini (Disobbedienti) dice: «Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra». E lo stesso Bernocchi aggiunge che «lo stillicidio poliziesco-giudiziario continuerà, anzi potrebbe intensificarsi con la guerra».

Dieci giorni fa, all'università di Arcavacata (Cosenza), l'assemblea del movimento alla vigilia del corteo dei 60 mila si era conclusa con una mozione che chiedeva - oltre alle scarcerazioni - le dimissioni del capo della polizia Gianni De Gennaro e una commissione d'inchiesta sul Ros, il Raggruppamento operazioni speciale dei carabinieri, lanciando una battaglia politica per l'abrogazione dei reati d'opinione e associativi. E' andato tutto bene anche perché la mobilitazione è andata al di là del previsto, al di là di un certo radicalismo politico direttamente colpito dalla magistratura, coinvolgendo tra l'altro il mondo cattolico. tradizionale fino ai boy-scout e a parte della Conferenza episcopale. Ma tutti sanno che quelle parole d'ordine semplici, dettate dall'urgenza di liberare gli arrestati, bastano solo per cominciare.


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