ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su il manifesto
(Sezione:  POLITICA     Pag.  8 )
Venerdì 26 Marzo 2004

R. POL.

 

 

 «Nessun pericolo per Milano»

La procura ridimensiona il racconto del pentito di Al Qaeda. E Pisanu prepara le espulsioni


 

ROMA

La procura di Milano smentisce o per lo meno attenua la portata delle «rivelazioni». Non c'è alcuna minaccia attuale sul capoluogo lombardo. E il Viminale interviene contro la fuga di notizie sul «primo pentito di Al Qaeda in Italia», che racconta di attentati progettati e mai attuati a Milano e in altre città. La preoccupazione cresce, nel nostro paese, anche se il governo ha scelto di minimizzare gli allarmi. Ieri Berlusconi ha riunito il comitato interministeriale per la sicurezza: all'ordine del giorno le nuove direttive per il Sismi e il Sisde, tutte orientate alla lotta contro il terrorismo islamico con particolare attenzione all'immigrazione clandestina. Al ministero dell'interno si continua a vociferare di un gran numero di probabili nuove espulsioni di stranieri: secondo l'ipotesi anticipata giorni fa da Repubblica, potrebbero colpire centinaia di persone coinvolte in questi anni nei diversi filoni d'indagine sulle reti islamiste in Italia. E' stato il Corriere della sera a pubblicare i verbali di un cittadino tunisino arrestato nel 2001 nell'ambito delle indagini sulla cellula che ruotava attorno al centro islamico milanese di viale Jenner, diretta secondo il pm D'Ambruoso da Essid Ben Khemais, anche lui in carcere da allora (entrambi sono stati condannati ma solo per associazione per delinquere finalizzata al traffico di documenti falsi). Il tunisino ha raccontato che prima degli arresti, dunque anche prima dell'11 settembre 2001, la cellula milanese progettava attentati alla stazione centrale, alla questura e al comando dei carabinieri in via Moscova. Zainetti pieni di tritolo dovevano esplodere alla stazione, come l'11 marzo a Madrid. E sulla questura di Milano doveva piombare un camion bomba, come quello di Nassiriya. Un altro attacco suicida sarebbe stato programmato contro la caserma Nato di Mondragone, in provincia di Caserta. Nel mirino, secondo il pentito, sarebbe finito anche Maurizio Costanzo. «Per un certo periodo ero pronto a diventare un kamikaze», ha detto l'uomo, sostenendo di aver partecipato personalmente a sopralluoghi presso alcuni degli obiettivi.

Indicato convenzionalmente come «Ahmet», il tunisino ha anche ridimensionato il ruolo di Essid Ben Khemais nella cellula milanese, che per la procura appartiene al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, affermando che i capi erano altri ma confermando che il punto di riferimento era la moschea di viale Jenner. E ha scagionato altri due magrebini, Charabi Tarek e Kammoun Mhedi, arrestati nella stessa operazione che l'ha portato in carcere nell'aprile 2001. Lo status di collaboratore, ha spiegato, gli serve per un solo motivo: chiede di non essere espulso in Tunisia, sorte che potrebbe toccare a lui come a molti altri.

Una nota del procuratore di Milano Manlio Minale ha chiarito, «per evitare il diffondersi di ingiustificati allarmismi», che le dichiarazioni non sono affatto da riferirsi ad `un pentito di Al Qaeda', ma «a persona già definitivamente condannata per appartenenza ad una associazione per delinquere per la quale nessun collegamento è emerso con Al Qaeda». L'uomo per gli inquirenti è «attendibile», ha precisato il pm Elio Ramondini, nel senso che «le dichiarazioni danno un quadro importante dal punto di vista processuale ma non devono assolutamente essere collegate con un pericolo attuale». Con decisione la procura ha anche smentito l'ipotesi di collegamenti politici tra il terrorismo islamico e «brigatisti» nostrani: il Corriere la suggeriva prendendo spunto dai contatti in carcere tra Ahmet e altri islamisti e detenuti come Paolo Dorigo (in cella dal `95 per un attentato senza vittime alla base Usa di Aviano) e Giuliano De Roma (condannato per appartenenza alla vecchia cellula sarda delle Br). Non hanno nessun significato, si legge ancora nella nota di Minale, trattandosi di «meri rapporti di conoscenza carceraria». Dorigo comunque si è detto pronto a farsi ascoltare dai magistrati: l'ha reso noto il suo avvocato, Vittorio Trupiano.

Sulla pubblicazione dei verbali si è aperta una polemica tra la Lega e il sottosegretario Alfredo Mantovano di An, che ha la delega per la gestione dei pentiti. Mantovano ha detto che la fuga di notizie è «gravissima» auspicando indagini della magistratura. E Bricolo, vicecapogruppo lumbard alla camera, l'ha accusato di essere stato proprio lui, in un intervento televisivo, a parlare anche di pentiti nell'ambito delle inchieste sul radicalismo islamico. Calderoli se la prende invece con la procura di Milano: «E' un colabrodo».


    

 

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