ALFREDO MANTOVANO

Deputato a Parlamento italiano
Responsabile di AN per i Problemi dello Stato


Prima Repubblica

Qualcosa di più che semplici ladri

 

Una delle costanti della politica italiana, soprattutto negli anni più recenti, è la schizofrenia delle prese di posizione: a seconda dei periodi e delle suggestioni della cronaca, il sen. Andreotti o è un mafioso, tale senza che sia necessaria alcun pronuncia giurisdizionale, oppure è un santo, a prescindere dall'avvio della procedura di canonizzazione; non esistono gradazioni intermedie: se si avanzano perplessità sulle sue passate frequentazioni siciliane, si viene iscritti nella schiera di chi lo ritiene un partecipe a Cosa Nostra; se invece si obietta sull'impostazione del processo penale che lo ha visto imputato, si viene inclusi fra i promotori della sua beatificazione. Allo stesso modo, confondendo i piani del rispetto della verità, anche giudiziaria, e del rispetto per la salute, è in corso per l'on. Craxi il passaggio dall'essere ritenuto un ladro all'essere riabilitato, se è vero che, fra gli altri, un ex ministro della Giustizia come l'on. Martelli, reclama la revoca delle sentenze che lo hanno condannato. Su tutto cerca di stendere una coltre di tranquillità il presidente del Consiglio, con l'assoluzione post mortem della Prima Repubblica e dei suoi principali protagonisti: un po' per ricavare tranquillità politica per sé stesso, visto che tanti epigoni della Dc e del Psi sorreggono il suo Governo; un po' perché il disperato tentativo di realizzare il "paese normale" esige che il passato, anche recente, sia il più possibile esorcizzato senza scossoni: in quest'ottica, l'affermazione che i due principali partiti del centrosinistra non erano costituiti da ladri e da assassini può rappresentare un comodo surrogato da somministrare a chi reclama la Commissione su Tangentopoli soltanto in funzione di autoriabilitazione.

Continuo a credere che sia stato un errore non istituire a suo tempo questa Commissione, come Alleanza Nazionale ha chiesto più volte; noi ritenevamo - e riteniamo tuttora - che sia necessaria una lettura d'insieme del fenomeno della corruzione (dando a questo termine l'estensione più lata, comprensiva dei flussi finanziari che dal Pcus sono andati al Pci), finalizzata non già alla revisione dei processi o alla riabilitazione di qualche condannato, bensì alla ricostruzione delle cause del fenomeno, alla esatta comprensione delle sue dimensioni, alla individuazione di concrete vie di uscita. E però, continuare a ribadire questa opportunità non esime dall'intervento sulle affermazioni del Presidente del Consiglio e sulle reazioni che hanno provocato.

Certamente prima dell'esplosione di Mani pulite non erano tutti ladri e assassini: le generalizzazioni lasciano sempre a desiderare e sono oggettivamente ingiuste. Ma non sarà un caso se, pur non essendo la corruzione scomparsa, le opere pubbliche realizzate dopo Mani pulite hanno avuto costi notevolmente inferiori rispetto a quelli che gli enti competenti dovevano affrontare prima, quando era difficile che ogni passaggio non avesse bisogno del "lubrificante" per essere superato. Né è un caso che l'esame di ogni settore di intervento pubblico fino all'inizio di quest'ultimo decennio rivelava puntualmente l'esistenza del sistema tangentizio: dalla cooperazione internazionale ai mondiali di calcio del 90. E il problema non era soltanto il ladrocinio, ma pure la mancata o l'incompleta realizzazione delle opere, che spesso si verificava.

Ma la vicenda "Prima Repubblica" non può essere liquidata con la ricognizione percentuale dei singoli onesti, quasi fosse una semplice questione di moralità individuale, e non anche una più rilevante questione di moralità pubblica. Mi spiego: ci sono stati dei ladri, come hanno accertato le sentenze dei giudici. Ma quegli stessi ladri non si sono limitati a rubare per sé, poiché hanno anche realizzato un sistema di furto istituzionalizzato; non vi è stato soltanto l'illecito impossessamento finalizzato all'arricchimento personale: vi è stata pure la formalizzazione del furto. Le leggi finanziarie che, nel regno del centrosinistra, hanno progressivamente elevato la pressione fiscale, hanno al tempo stesso sottratto risorse a ogni contribuente, oltre i limiti della tollerabilità: come definire l'esproprio per via fiscale se non furto di Stato? A scanso di equivoci: le tasse sono essenziali per la vita di uno Stato, ed è dovere di ogni cittadino pagarle; ma il discorso è un altro: il meccanismo che si è instaurato in piena "Prima Repubblica", sulla base dell'accordo fra Dc e Psi, con l'avallo del Pci, ha esteso dell'intervento pubblico in campi non spettanti alla competenza dello Stato (negli anni 80 la Repubblica italiana è arrivata a produrre automobili, cioccolata e panettoni); il costo dello statalismo sempre più diffuso è stato fatto pagare con una oppressione fiscale che ha raggiunto livelli insostenibili; tutto ciò ha prostrato l'economia sana e libera e ha favorito la corruzione legata alla presenza della mano pubblica. Lo stesso può dirsi per le leggi di nazionalizzazione che hanno accompagnato i passi dei governi di centrosinistra a partire dagli anni 60.

Per concludere. Non servono amnistie né riabilitazioni. Urge invece reintrodurre nella vita politica quotidiana un livello minimo di moralità. E questo dipende sia dal rispetto per la verità storica e giudiziaria, sia dallo sforzo per modificare quegli elementi di struttura - le leggi - che hanno favorito i comportamenti deviati di singoli esponenti politici e hanno intronizzato un sistema statalistico di corruzione. La destra italiana si sente impegnata in questa direzione.

 

 Alfredo Mantovano

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