ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
(Sezione: CRONACA DI LECCE   Pag.  69  )
Sabato 22 giugno 2002

Arpia 2

Non sono bastate le 600 pagine firmate dal Gip Scardia per trattenere dietro le sbarre gli ultimi arrestati
Mafia, riecco le scarcerazioni

Revocate quattro ordinanze su sei, ma non a Patrizio Pellegrino


Il Riesame «boccia» anche l'Arpia 2. Su sei ricorsi esaminati, sono state revocate quattro ordinanze di custodia cautelare; un'altra è stata revocata a metà; solo una è uscita indenne. «Sono sorpreso da questa decisione - commenta il procuratore aggiunto con delega all'Antimafia, Cataldo Motta - Sono sorpreso perchè avevamo svolto tutti gli approfondimenti che erano stati chiesti un anno fa». Le ordinanze dell'Arpia 2 sono state emesse dal giudice per le indagini Vincenzo Scardia: quasi 600 pagine per offrire le motivazioni, gli indizi e gli elementi che mancavano nei provvedimenti firmate dal collega Enzo Taurino.

Adesso per conoscere le ragioni che hanno spinto il Riesame (presidente Vittorio Gaeta, a latere Antonio De Donno e Grazia Errede) a revocare le ordinanze, bisognerà attendere il deposito delle motivazioni. E comunque il 28 giugno saranno discussi gli altri ricorsi.

Al momento c'è solo un dispositivo, emesso due ore dopo la discussione. Il provvedimento revoca la misura coercitiva applicata ad Antonio Pellegrino, Antonio Giannone, Emanuele Versienti e ad Adriano Palazzo. Ma a lasciare il carcere è solo Giannone, detto «Tonio Pezzetto», 28 anni, di Squinzano, difeso dall'avvocato Antonio Savoia. Il giovane è stato arrestato per associazione mafiosa e per aver partecipato all'omicidio di Antonio Albanese, l'ex carabiniere ucciso in un'officina di Torchiarolo. Versienti, Palazzo e Pellegrino restano in carcere solo perché sono detenuti per altro. I giudici del Riesame, probabilmente, non hanno ritenuto sufficienti gli indizi offerti dalla Procura e le dichiarazioni di Dario Toma. Il pentito ha indicato Emanuele Versienti, 29 anni, di Campi (difeso dagli avvocati Luigi Corvaglia e Antonio Savoia), come uno dei suoi suoi più stretti collaboratori e fra i componenti del commando di killer che ha ucciso Fabio Beato davanti al carcere di Campi Salentina. Revocata anche l'ordinanza di custodia cautelare emessa per Adriano Cosimo Palazzo, detto «Tonio culozza», 41 anni, di Campi. Anche Palazzo (che è difeso dagli avvocati Elvia Belmonte e Antonio Savoia) è accusato dell'omicidio di Fabio Beato.

L'ordinanza revocata a metà è quella di Angelo Pancrazio Maci, 32 anni, di Lecce, l'uomo che Toma avrebbe voluto lanciare in politica. I giudici (accogliendo anche le indicazioni dell'avvocato Luigi Corvaglia) non hanno rilevato elementi sufficienti per contestare l'associazione mafiosa. Per lui resta in piedi solo l'accusa di aver avuto a che fare con il traffico e lo spaccio di stupefacenti.

Quanto, poi, alle ordinanze emesse per i fratelli Pellegrino di Squinzano, quella di Antonio, 27 anni, è stata revocata; quella di Patrizio, 31 anni, confermata.

Alle scarcerazioni decise un anno fa seguirono delle accese polemiche. Intervenne il sottosegretario Alfredo Mantovano e la vicenda arrivò addirittura in Parlamento. Il gip Vincenzo Scardia, al momento, preferisce non commentare. La Procura antimafia, invece, è decisa ad andare avanti e a risolvere la questione prima davanti al gup (con la richiesta di rinvio a giudizio) e poi in Corte d'Assise. L'operazione Arpia (unificata in un unico procedimento) è ormai chiusa. E i 35 indagati stanno ricevendo in queste ore l'avviso di conclusione delle indagini. «Siamo convinti del lavoro che abbiamo svolto - spiega il procuratore aggiunto Motta - Anzi ad esserne non siamo soltanto noi. Si è espresso anche un gip che ha esaminato le carte e gli elementi prima di emettere le ordinanze di custodia cautelare. E comunque la decisione del Riesame, per noi, non cambia nulla, tanto che abbiamo già notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari».

L'operazione Arpia (avviata dopo il pentimento del boss Dario Toma) fa luce sugli ultimi anni di attività dei clan del Nord Salento: ci sono i traffici di droga, le estorsioni, ma anche gli omicidi maturati nella sanguinosa faida fra i gruppi di Surbo e di Campi.

           

   

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