ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo comparso su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Martedì 16 ottobre 2001



L'accesso alla protezione è subordinato alle rivelazioni sui «tesori» nascosti

«Le verità dei pentiti anche sui patrimoni»


«La nuova legge sui pentiti parla chiaro. Per trovare accesso al programma di protezione, chi decide di collaborare con la giustizia, agli investigatori deve riferire tutto ciò che riguarda le attività di mala e gli illeciti commessi nel loro ambito. Oltre a riferire di omicidi, rapine e quant'altro, insomma, i pentiti devono rendere conto anche dei beni patrimoniali. Vale a dire di come abbiano impiegato il denaro sporco, anche quando questo è stato fatto investire a prestanomi. Perché deve essere chiaro che chi ha un reddito occulto - poniamo di cinquanta milioni al mese - non può essere certo premiato anche con il denaro dello Stato».
Così il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, ha parlato ieri in Prefettura, all'indomani della ripresa dei lavori della Commissione chiamata a valutare le richieste degli aspiranti collaboratori di giustizia.

Quanti sono, nel Salento, coloro i quali hanno chiesto di poter avere accesso al programma di protezione?
«All'attenzione della Commissione, che dopo un periodo di stasi ha ripreso a lavorare, ci sono tre richieste. Esse riguardano Vito Di Emidio, di Brindisi; Dario Toma, di Campi Salentina, e Nicola Alessandro Luperto, di Squinzano».

Quanto agli ultimi due, non è dato sapere cosa abbiano dichiarato. Ma in Corte d'assise dove si celebra il processo per l'assalto ai furgoni portavalori della Velialpol in cui persero la vita tre guardie giurate, l'ex latitante della Sacra corona ha dichiarato di aver speso durante la latitanza la fetta di denaro, quasi due miliardi, arraffato in quel «colpo». Considerando che si è autoaccusato di altre cento rapine, furti ed estorsioni, è pensabile che se Di Emidio non restituirà quel denaro illecito, la sua richiesta di accesso al programnma di protezione possa essere respinta?»
«Come le ho già detto, la legge sui pentiti è chiara, e non sono ammesse eccezioni per nessuno. Quello che conta, per Di Emidio come per tutti gli altri, è che alla fine rendano conto alla giustizia, sia delle azioni delittuose, che del modo in cui hanno investito il denaro sporco».

La lotta alla malavita organizzata torna dunque a parlare anche la lingua delle misure di prevenzione personali e patrimoniali?».
«Lei ricorderà che dieci anni fa la Sacra corona venne disarticolata sia con i due maxi processi, che con la confisca dei beni delle famiglie mafiose, come i Vincenti a Surbo, i Coluccia a Galatina e ancora dopo con i Tornese a Monteroni. Ebbene, oggi come ieri, bisogna rendersi conto che, da soli, gli arresti non bastano. Bisogna mirare alle Società finanziarie, ai beni immobili come auto e natanti, ai conti correnti ed agli altri investimenti bancari. E' questa la via da percorrere, per giungere, come è accaduto in Sicilia, a trasformare in caserma la villa con piscina confiscata ai boss, così da dare un significativo segnale di cambiamento».

Prima dell'incontro con i giornalisti, giusto sul tema «misure di prevenzione personali e patrimoniali», il sottosegretario di Stato si era intrattenuto col prefetto Giovanni D'Onofrio, il procuratore capo Rosario Colonna e l'«aggiunto» Cataldo Motta, il presidente del Tribunale, Giuseppe Tuccari, i presidenti della due Sezioni penali dello stesso Tribunale, Domenico Cucchiara ed Elio Romano, ed i responsabili delle forze dell'ordine (il questore Vincenzo Caso; il comandante dei carabinieri, Giuseppe Zanzarella, e della Guardia di finanza, Giorgio Bartoletti).

Toti Bellone

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