ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Domenica 12 maggio 2002

Loredana De Vitis

Migliaia di persone si sono strette ieri pomeriggio attorno alla famiglia del capitano Stefano Rugge, ucciso da una mina in Macedonia

 

«E' morto da uomo buono, per la pace»
Il dolore composto della giovane vedova e dei familiari. L'omaggio dello Stato

 


Sono le tre e mezzo del pomeriggio e già in chiesa non c'è più posto. Dall'altezza del condominio dove vivono i Rugge e giù fino ai Salesiani, lungo la strada ancora «segnata» dalle luci dedicate alla recente festa di San Domenico, due ali di folla straripante ma silenziosa. La commozione, palpabile, esplode all'uscita del feretro del capitano Stefano Rugge, con una serie di applausi che fanno sentire ancora di più l'affetto di migliaia di persone.

Così è cominciato, ieri pomeriggio, il funerale di Stato dell'ufficiale morto mercoledì scorso in Macedonia - a causa dell'esplosione di una mina - mentre lavorava per la pace, insieme con i compagni del terzo Verbano del Genio paracadutisti. Amici, parenti, semplici conoscenti, gente comune ha voluto partecipare all'ultimo tributo ad un eroe. C'erano pure il vice premier Gianfranco Fini, il ministro della Difesa Antonio Martino, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il sindaco di Lecce Adriana Poli Bortone, il presidente della Provincia Lorenzo Ria, il presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto, molte altre autorità civili e militari locali e nazionali, ma anche un nutrito gruppo del contingente di pace della Repubblica federale della Germania (l'altro militare ferito, che guidava la jeep al momento dell'incidente, era tedesco). Tantissime le corone di fiori, toccante l'omaggio del picchetto d'onore all'inizio e alla fine della cerimonia. Subito dietro la bara di legno chiaro, coperta dal tricolore, la moglie Lucia, i genitori del capitano Maria Rosaria e Bruno e la sorella Daniela.

La messa, officiata dal vescovo Cosmo Francesco Ruppi, ha commosso tutti, anche tanti compagni del capitano Rugge, che non sono riusciti a trattenere le lacrime. E' stata la sorella Daniela a parlare per prima, tracciando un ricordo semplice e vivido, subito prima della prima lettura: «Stiamo per leggere un passo tratto dal libro della Sapienza - ha detto con la voce rotta dal pianto - che parla della morte prematura del giusto. La sapienza di un uomo non dipende dalla sua età, ma dalla qualità della vita che ha vissuto. Me lo ricordo da piccolo, quando giocavamo, ma ultimamente avevo capito che Stefano non era più un bambino: aveva deciso di sposarsi, aveva trovato il coraggio di formare una famiglia, aveva trovato l'amore della sua vita. Era felice, davvero felice. Un po' ero invidiosa, ma ero felice per lui. Dio non fa niente per il nostro male». Nell'omelia il vescovo ha parlato del lutto di una città e di un popolo «i cui giovani ancora oggi trovano nel servizio allo Stato una speranza per vincere la piaga della disoccupazione». Ed ha poi aggiunto: «Chiediamo, allora, attenzione alle famiglie, promozione per i nostri giovani, un doveroso riequilibrio civile e sociale che è l'obiettivo primario del Governo e delle istituzioni». Un'opinione non condivisa dal generale Antonio Quintana, intervenuto subito prima della preghiera per i caduti: «Conoscevo bene Rugge, era un ragazzo schivo ma di professionalità consolidata. Aveva una vera vocazione per questo mestiere, contagiava con la sua sicurezza e il suo senso dello humor. Una volta gli ho chiesto "Da dove vieni?", lui mi ha risposto "Da Lecce". Mettendo in dubbio le sue parole gli ho detto "Da vicino Lecce...", e lui mi ha restituito la battuta dicendomi: «E' vero, vengo da Galatina, ma lei, generale, è di Gallipoli». Anche Fini ha negato, parlando con i giornalisti alla fine della messa, che il capitano avesse indossato la divisa perché disoccupato: «Massimo rispetto per monsignor Ruppi, ma si trattava di un uomo che si è arruolato per la vocazione di servire in armi il proprio Paese».

Ha voluto dire qualcosa dal pulpito anche il cappellano militare padre Mariano, che per la cerimonia ha smesso l'abituale mimetica in tutto simile a quella dei soldati: «Stefano non avrebbe voluto un clamore simile... mi aveva detto che, anche per le nozze, avevano voluto pochissime partecipazioni. Domani (oggi per chi legge, ndr) saremo di nuovo in Macedonia, lui sarà il fiore più bello». Tra i banchi della basilica salesiana, anche un gruppo di crocerossine, alcune delle quali di ritorno dal Kossovo: «E' un mestiere duro quello di questi ragazzi - ha detto alla Gazzetta l'ispettriceMaria Rosaria Sicuro- ed il nostro compito è aiutarli anche emotivamente. In quella zona c'è uno stato di calma apparente... per questo siamo tutti un'unica famiglia, siamo come fratelli e sorelle... i ragazzi sentono molto la mancanza dei familiari: ai noi il compito di contribuire a tenere alto il morale». Nella mattinata di ieri, anche Massimo D'Alema, accompagnato da Antonio Rotundo, ha voluto rendere omaggio alla salma di Rugge. «Quello del capitano - dice il presidente Ria - è stato un sacrificio che si aggiunge a quello di tantissimi salentini che si sono immolati per la patria». E dopo il silenzio, ancora applausi e commozione.

 

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