ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO
(Sezione: UNA FOGLIATA DI LIBRI    Inserto   N° 10  )
Sabato 27 novembre 2004

(p.butt.)

 

 

 

 Sotto gli occhi di un nuovo occidente




 

Se fosse possibile cambiare una consuetudine e perciò non fare solo una scheda del libro, ma rivolgersi all’autore con una lettera del recensore, ad Alfredo Mantovano che ha dato alle stampe “Ritorno all’Occidente. Blocnotes di un conservatore” (Spirali, 290 pagine, 20 euro), manderemmo a dire questo: che ci ha convinto. Abbiamo letto tutto il suo diario – questo vorremmo dirgli – e tutta la filosofia che ci sta dietro, l’umiltà di fare politica a dispetto dell’orrido mercimonio di partito; la sua specchiata fede in Cristo, il Re; la sua disarmante serietà, il suo galantomismo, la sua dottrina che l’impegna nel leggere tutto ciò che la grande chiacchiera occidentale impone, specie dopo la tragica chiamata alla guerra di tenersi alla larga dalle “teorie”, ci ha convinto.

Fin tanto che si resti sul fronte della Tradizione però – questo vorremmo dirgli – a patto di tenere fede al Sacro, di riconoscere all’Europa quel “gentil Seme” di cui Dante diede suggello nella Commedia rivendicando la potenza magnifica di Grecia e di Roma, non certo l’incularella di Almodóvar. Cose che Mantovano conosce bene perché le ha insegnate a tutti (con il suo stile), cose che però il fronte liberale e occidentale, l’attuale fronte di guerra in cui Mantovano si riconosce politicamente, adotta solo nella forma blasfema. Se prima la scommessa dell’oltrapassamento dell’antico passava dal confronto tra la Nike di Samotracia e il rombo tonante di un motore lanciato verso l’avvenire, la dimensione spirituale di questo occidente pencola ancora tra la richiesta di togliere i crocifissi dalle scuole e l’esibizione didatttica dell’orinatoio di Marcel Duchamp, il celeberrimo cesso-icona elevato a custodia dell’immagine della Madonna.

Se solo lo vengono a sapere i pii musulmani dell’idea che raffinati professori e artisti liberal hanno della Vergine, “madre di Gesù” (citazione coranica), è sicuro che s’aggiorna il capitolo futurista della distruzione dei musei. Ma non facciamoglielo sapere, la reciprocità ci obbliga a tenere conto della necessità dell’arte degenerata (è il caso di dirlo). Questo vorremmo scrivere, perché convinti di ciò che ha annotato nel suo libro, altrettanto spaventati ci ritraiamo al contrario quando a far da compagni di processione si ritrovano i perfidi magheggi tutti americani di chi, teocon in testa – a parte l’alleanza strumentale – già da oggi è pronto a fare dei cattolici dei pedofili, un sottoprodotto delle retrovie oscurantiste dove prossimamente portare democrazia. Con opportuni bombardamenti. Sempre che a Lourdes l’Acqua abbia la cortesia di mutarsi in petrolio.

Ma non è il caso di buttarla in avanspettacolo, in alta poesia magari sì, e giusto nel caso di Mantovano che nelle pagine dedicate a Otranto – un’intera città che tiene testa all’assedio del “turco” – ci accompagna in un racconto dal vivo scavato nella dignità e nell’olocausto per fare il paio con un capolavoro del Compaesano per eccellenza – parliamo di “Nostra signora de’ Turchi”, ossia Carmelo Bene – ritroviamo il senso di una commovente testimonianza: “La naturalezza del sacrificio di Otranto e la ‘stanchezza dell’occidente’”. Mantovano di questa carne ancora viva di sacrificio ne fa termine di paragone con oggi: “A Otranto cinque secoli fa nessuno ha esposto drappi arcobaleno, né ha invocato risoluzioni internazionali, o ha chiesto la convocazione del consiglio comunale perché la zona fosse dichiarata demilitarizzata: non esistendo ancora i comboniani, oggi spesso immemori del genuino spirito del loro fondatore, nessuno si è incatenato sotto le mura per ‘costruire la pace’. Per due settimane 15mila pacifici idruntini hanno bollito olio e acqua, finché ne hanno avuto, e li hanno rovesciati dalle mura sugli assedianti”.

Tutto vero, tutto commovente, tutto perfetto nel solco della Tradizione ma quanto olio e quanta acqua dovrebbe essere bollita oggi da rovesciare dall’interno delle mura e sulla testa di chi sta dentro l’occidente, dove parole come “disciplina, obbedienza, tradizione, catechismo, ortodossia, patriottismo, valore militare, lealtà, onore” – tutte le parole richiamate da Giuliano Ferrara, non a caso interlocutore di Mantovano, sono purtroppo l’armamentario di un “flatus vocis” ridotto al peto. Forse lo stesso peto oggi vantato da Dolce&Gabbana sulla rete ammiraglia di Berlusconi dove certo non si corrono rischi per parole così impegnative, abbondantemente vomitate, nella migliore delle ipotesi utilizzate a far da bibbione per un film come “Vogliamo i colonelli”, nella peggiore finite nel largo cesso dell’universo piccolo-borghese. Un cesso privo di dignità politica, però.



 

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