ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Il Foglio Martedì 18 dicembre 2001



PARLA ALFREDO MANTOVANO, IL NUMERO DUE DELL’INTERNO

“Nella lotta al terrorismo diamo punti all’Europa che ci critica”


Signor direttore,

se la valutazione del comportamento dell'Italia di fronte al terrorismo e alla criminalità si fondasse esclusivamente sulla lettura della stampa estera delle ultime due settimane - ma anche di parte significativa dei mass media indigeni - meriteremmo di essere convocati in blocco davanti al tribunale internazionale dell'Aia per favoreggiamento dei criminali più efferati. Se invece si avesse voglia di operare quella valutazione alla stregua di ciò che in Italia è stato fatto concretamente prima e dopo l'11 settembre, al di là della vicenda del mandato di arresto europeo (sul quale alla fine il governo italiano si è trovato in ottima compagnia), si dovrebbe avere l'onestà di basarla su dati oggettivi. I quali non si riducono all'indagine milanese sulla cellula collegata con Al Qaida (che pure, per la qualità dei soggetti coinvolti, è la più importante finora svolta in Europa); ma riguardano anzitutto le norme delle quali ci si è dotati per meglio prevenire e contrastare il fenomeno.

Mercoledì scorso il Parlamento ha convertito in legge il decreto che ha introdotto norme sostanziali e processuali contro il terrorismo; lo ha fatto con votazione unanime, con la sola eccezione di Rifondazione comunista. Nel polverone delle polemiche sulla giustizia sono sfuggiti il dato politico di sostanziale convergenza sul provvedimento e il merito dello stesso. Eppure sarebbe il caso di riflettere su entrambi: la politica italiana nel suo insieme non è così degradata (come, con la complicità di qualche italiano, non smettono di sottolineare le testate di altre nazioni) da ignorare l'esigenza della compattezza quando sono in gioco importanti interessi sovranazionali. Al tempo stesso, a differenza di quanto accade altrove, non abbiamo introdotto norme liberticide, ma abbiamo esteso alla prevenzione del terrorismo una serie di istituti che hanno dato buona prova negli ultimi dieci anni contro la mafia, dalle intercettazioni preventive alle perquisizioni, alle operazioni sotto copertura. Dunque, non ci saranno né tribunali speciali né sospensioni di garan zie: ci saranno dei giudici ordinari che applicheranno norme di buon senso, già sperimentate. Il tutto con un necessario adeguamento del sistema sanzionatorio: in passato è capitato che organizzazioni terroristiche di matrice islamica presenti nel nostro territorio abbiano preparato qui attività criminali, da realizzare nel territorio di altri Stati, fornendo un importante supporto logistico. L'assenza nell'ordinamento di una specifica norma punitiva sulla proiezione internazionale di queste iniziative ne ha impedito una più efficace persecuzione: oggi la lacuna è colmata, e dall'introduzione del nuovo reato di associazione finalizzata al terrorismo anche internazionale deriva la possibilità di adoperare una serie di strumenti di indagine, adatti a fornire esiti migliori.

Non è tutto. Da qualche mese è in atto uno sforzo per recuperare il maggior numero di unità di polizia ai compiti loro propri. Nel decreto sul terrorismo abbiamo introdotto una disposizione, apparentemente marginale (infatti, non se ne è accorto quasi nessuno), che però produrrà importanti effetti nell'immediato. Fino a due mesi fa il codice di procedura penale consentiva di utilizzare le forze dell'ordine per le notifiche degli atti giudiziari; questa previsione era limitata ai processi con detenuti e ai casi di urgenza, ma l'ur genza è stata troppo spesso interpretata in senso lato, di fatto scaricando su poliziotti, carabinieri e finanzieri, una quantità enorme di atti da notificare. Col seguente risultato: una stazione o un commissariato di dimensioni piccole o medie, dovendo notificare nel corso della giornata più atti giudiziari nella zona di competenza, spesso non è riuscito a garantire la quotidiana presenza sul territorio. Tenere un territorio sotto controllo dipende anche dalla presenza fisica costante sullo stesso e dalle informazioni che si raccolgono col contatto quotidiano con chi ci vive: ma per fare questo non si deve essere distolti da altro. Nel decreto sul terrorismo - che ormai è legge - si limita la possibilità di notifiche per la polizia giudiziaria ai soli processi con detenuti; in questo modo tanti uomini sono resi liberi di svolgere il lavoro di loro più stretta competenza, e di farlo anche con maggiore motivazione: chi è entrato in una forza di polizia non l'ha fatto per notificare gli atti (con tutto il rispetto per questo tipo di servizio).

E' poco? Forse è poco appariscente. Come poco appariscenti, perché ritenuti scontati, sono il quotidiano contrasto al traffico di clandestini che l'Italia svolge in Europa in quasi completa solitudine; l'attività anticontrabbando, che ci vede in prima linea contro un settore criminale con i cui proventi si finanziano i giri di armi, di droga e di prostituzione; la lotta alla criminalità diffusa e organizzata, per la quale adoperiamo strumenti giuridici - basta pensare per tutti al reato di associazione mafiosa, il 416 bis - sconosciuti dagli ordinamenti di altri Stati dell'Unione Europea.

Sono certo che il tempo consentirà di farci conoscere meglio dai nostri partner a Bruxelles.

Alfredo Mantovano
sottosegretario all'Interno

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