ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO
(Sezione: ANNO IX NUMERO 317 - PAG V IL FOGLIO QUOTIDIANO)
MARTEDÌ 16 NOVEMBRE 2004

 

 

 Il no di Mantovano

“Venga il referendum, per evitare il bene mieloso che scardina i principi e per tutelare la vita”


 

Roma. “A questo punto – dice al Foglio il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano – sia benedetto il referendum: ero contrario, convinto che la legge 40 sulla fecondazione assistita sia da mantenere in vita, ma osservando quel che succede, davvero credo che l’unica cosa saggia da fare sia tenerlo in piedi, confrontando compiutamente e fermamente, anche scientificamente, le posizioni contrastanti. Decideranno gli elettori, alla fine, e si eviteranno guai peggiori”. Mantovano ha letto la bozza Amato, e non gli è piaciuta per niente. Dice che se l’argomento non fosse così drammaticamente serio, ci sarebbe da ridere: “Vengono sbandierate posizioni insopportabili, si vuole forse raggiungere un buon fine creando pasticci indescrivibili: si spalma odiosamente miele clericale sulla definizione di ootide, per aggirare il divieto di crioconservazione di embrioni, con una buona dose di cattivo gusto e opportunismo”.

Giuliano Amato, nell’articolo che sabato scorso sulla Repubblica presentava e spiegava il disegno di legge con cui abrogare la 40/2004, scriveva infatti che “l’ootide diverrà in poche ore un embrione, ma solo a quel punto sarà intervenuta quella trasformazione a cui i documenti stessi della Chiesa (che la definiscono fusio duorum gametum) riconducono l’esservi della creatura umana. Così sono i processi della vita e della morte. E, per chi ha fede, è in quei pochissimi momenti, non prima e non dopo, che l’anima entra nel corpo o lo abbandona”.

Per Mantovano i discorsi sull’anima che entra nel corpo non c’entrano nulla, perché “l’ovulo fecondato è un essere umano, e questo è un dato positivo, razionale, scientifico, a cui la Chiesa non aggiunge niente, semplicemente accoglie la definizione: quei 46 cromosomi costituiscono tutto quello che c’è in ciascuno di noi, se saremo alti bassi biondi o mori. Nient’altro, nessun’altra distinzione ha senso”. Mantovano non condivide nulla della bozza Amato, tantomeno le premesse: trova “insopportabile” la dichiarazione d’intenti che pone come “prioritari la tutela e il rafforzamento della famiglia, il cui valore come prezioso tessuto connettivo del corpo sociale non può essere predicato in astratto e contrastato in concreto”. “Amato ha parlato anche di diminuzione della natalità che va debellata – dice Mantovano – come se la fecondazione eterologa servisse a curare il calo demografico, mi sembra folle. E se proprio vogliamo chiamare in causa l’integrità della famiglia, allora non possiamo non renderci conto di quali e quante crisi abbia provocato la fecondazione eterologa: sono esempi concreti di sofferenza, dovuti al fatto che in uno dei due genitori non è avvenuta nessuna vera filiazione biologica, e causati spesso dal diritto frustrato del bambino di conoscere chi l’ha generato.

Niente a che vedere con l’adozione, in cui due soggetti alla pari decidono di farsi carico e offrire il proprio aiuto a un bambino già nato”. Riguardo ai casi in cui verrebbe ammessa la fecondazione eterologa, la bozza prevede il diritto alla riservatezza dei “donatori di gameti”: le informazioni relative all’identità e alle caratteristiche del donatore, devono essere annotate in apposite cartelle cliniche e conservate nella struttura presso la quale è stato eseguito l’intervento”. Secondo Mantovano ci sono molte incongruenze, in una tutela della riservatezza che non tutela il figlio: “Nell’ansia di avere un bambino esente da malattie, libero da tare ereditarie, com’è possibile, allora, dimenticarsi del donatore, nel momento in cui insorgeranno problemi di salute, ostacoli, sofferenze?”. Il disegno di legge prevede che “l’identità del donatore può essere rivelata, su autorizzazione della competente autorità giudiziaria, qualora ricorrano circostanze che comportino un grave e comprovato pericolo per la salute psico-fisica del nato”. “Chi può ricorrere all’autorità giudiziaria? E chi comprova il pericolo per la salute del figlio? E in caso di incidente stradale cosa si fa, si aspetta l’autorità giudiziaria competente?” “Garantire il diritto a scegliersi i figli?” “C’è un buonismo insopportabile – continua Mantovano – che ammanta la giustificazione di questo disegno di legge, in cui si scardina ogni principio fingendo di osservarne altri più profondi: il dono a favore di altre vite di una vita che non può crescere è un pugno nello stomaco se, come ha fatto Amato, si paragonano le cellule dell’embrione non impiantato agli organi di un figlio morto. Un figlio morto è una disgrazia, non voluta, non programmata, un embrione invece è stato cercato e creato, e non c’è stata ancora alcuna vera filiazione biologica. A nulla vale, quindi, il consenso dei genitori, per salvarsi l’anima e nello stesso tempo negare i diritti del concepito”.

Secondo Mantovano sta tutto lì, l’errore, anzi il disastro: nell’aver sostituito con il “rispetto” e la “tutela della dignità umana”, “la tutela del diritto del concepito” contenuto nella legge 40. “E’ stato eliminato il chiodo a cui appendere il quadro, il resto è del tutto coerente: con una legge del genere non si vuole garantire il diritto alla vita, piuttosto il diritto di scegliersi i figli da avere. Infatti sta scritto chiaro nella legge: non solo in caso di infertilità e sterilità, ma anche di fronte a malattie genetiche e infettive gravi, è dato di esercitare il diritto di scelta. Stiamo percorrendo una strada rischiosissima, inclinata verso la leggerezza nel trattare la vita. Meno male che c’è il referendum”.



 

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