ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su IL FOGLIO QUOTIDIANO
(Sezione:     Pag. 2   )
Martedì 10 febbraio 2004

 

 

Cari Magistrati

L'unico pericolo per i giudici è il vizio di atteggiarsi a politici. Mantovano scrive all'Anm


 

Gentili Signori,

dal suo insediamento il governo ha avanzato proposte di riforma dell'ordinamento giudiziario che si inseriscono in un filone di riflessioni comuni a una vasta area culturale: basta ricordare il progetto di riforma costituzionale che ha preso il nome dell'on. Boato, a suo tempo votato quasi all'unanimità dalla Commissione Bicamerale. Fin dall'inizio la vostra reazione è stata aspra e dura: ma di essa l' esecutivo, e la maggioranza che lo sostiene, hanno cercato di tenere conto; il desiderio di confronto è stato reale, come reale è stato lo sforzo per avvicinare posizioni antitetiche, fino a giungere, nel maggio 2002, a una bozza di articolato che recepiva molte delle vostre istanze. Il tutto è stato però interrotto bruscamente dalla vostra decisione, nel giugno 2002, di proclamare, e quindi realizzare, lo sciopero: uno sciopero che oggi non potete fare a meno di replicare, avendo esaurito altre forme di protesta, dopo i ripetuti defilè con la Costituzione in bella evidenza.

Il merito principale del Congresso di Venezia è di avere con chiarezza risposto a due interrogativi, fra loro connessi, sui quali residuava qualche dubbio: a) rifiutate la riforma dell'ordinamento giudiziario perché la ritenete nel merito in tutto o in parte non condivisibile, ovvero perché è proposta da un governo oppressivo, e quindi parafascista? b) il rifiuto è superabile da un confronto che, per quanto aspro, giunga a risultati, o è insuperabile perché è inaccettabile la stessa previsione di un sistema di controlli e di verifiche sul corpo giudiziario? Sarebbe facile dire che il dott. Fucci è stato esplicito in ordine a entrambi i quesiti; altrettanto facile quanto sostenere - come ha fatto il dott. Bruti Liberati - che il segretario nazionale dell'Anm, nella relazione conclusiva del congresso, ha parlato "a titolo personale": mai avrei immaginato di vedere una figura storica di Magistratura democratica nei panni del pompiere verso l'esponente di una corrente meno a sinistra della sua (versione giudiziaria e aggiornata del Lenin che scrive L'estremismo malattia infantile del comunismo)!

In realtà, Fucci ha ripreso concetti già espressi da molti nel Congresso. A Venezia avete protestato perché la riforma vieterà ai pm di diventare giudici nello stesso distretto: gradirei capire quale pericolo per le libertà democratiche del Paese deriva da questa previsione. Non soltanto l'odiato centrodestra, ma gran parte della cultura italiana, ritengono che una moderata articolazione di carriera, basata sui concorsi, stimolerebbe la formazione professionale dei giudici e valorizzerebbe la Corte di Cassazione; ma anche su questo versante sostenete che sottoporre i giudici alle valutazioni di una commissione tecnica, ancorché nominata e controllata dal CSM, equivale a far sferragliare nelle strade i blindati di Pinochet. Non parlo poi delle reazioni di qualsiasi ipotesi di riforma del CSM. Il Consiglio è oggi, al tempo stesso, legislatore in materia disciplinare con le sue circolari, giudice disciplinare con le sentenze dell'apposita sezione, amministratore con i suoi poteri in materia di nomine e di trasferimenti. E' cioè, contemporaneamente, potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario; in più, con il valido aiuto di docenti come il prof. Pizzorusso, è formatore culturale dei giudici, con buona pace della così detta "separazione dei poteri". Sembra una stortura, ma per voi ogni tentativo di modificare l'attuale assetto di questo "soviet" è un colpo al cuore della civiltà giuridica.


Dove si nasconde il vero conflitto

C'è però un profilo sul quale il conflitto è effettivo: ed è la pretesa - non dichiarata ma reale - che la gestione politica di questo Paese avvenga nelle aule di giustizia; la pretesa, cioè, di considerare compito dei magistrati non il controllo sui singoli atti illeciti commessi dai politici (il che è doveroso), ma il controllo della politica nel suo insieme; la pretesa di bloccare qualsiasi freno posto in questa direzione, incluso il semplice divieto di iscrizione a partiti politici. Tutti voi fate scrupolosamente il vostro dovere: ma alcuni il dovere lo vedono in un modo, altri in modo diverso. Alcuni cambiano - per carità, in piena autonomia e indipendenza - concezione del dovere in base al tempo e allo spazio. La custodia cautelare non è intesa alla stessa maniera a Milano, a Roma o a Bari. In alcuni processi viene utilizzata la presunzione "non poteva non sapere", in altri no. Sulle medesime carte alcuni giudici assolvono ed altri condannano, come mostra il caso Andreotti: quest'alternanza fa onore alla vostra autonomia: ma da essa non possono dipendere i destini politici del Paese. Gli italiani leggono i giornali, vedono la televisione, e constatano che magistrati eminenti, sovente responsabili dei processi più difficili e delicati, si dichiarano "di sinistra", parlano come esponenti dell'opposizione, scrivono sull'Unità, tengono convegni e comizi sotto la sigla di organizzazioni politiche di opposizione, partecipano a manifestazioni no global. Si può condividere o meno l'"emendamento Bobbio", si può discutere e trattare nel merito. Ma dobbiamo intenderci su un punto essenziale: il magistrato deve essere e apparire imparziale, deve avere una professionalità seria e verificata, e non può comportarsi come un politico di professione (per di più estremista e fazioso). A meno che non vogliate confermare, con fatti concludenti, che il pericolo più forte per l'autonomia e per l'indipendenza della magistratura proviene dall'interno della stessa magistratura.


Alfredo Mantovano     
Respons. AN per i problemi dello Stato

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