ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
(Sezione:    PRIMA PAGINA   e  Pag.    13)
Martedì 21 dicembre 2004

di MARCO DEMARCO

  

 

 Mantovano, appunti di un conservatore alle prese con Sauzeye Saint-Exupéry


 

Ritorno all'Occidente, bloc-notes di un conservatore. È l'ultimo libro di Alfredo Mantovano, edito da Spirali, prefato da Gianfranco Fini e introdotto in modo a dir poco entusiastico da Giuliano Ferrara. In tempi in cui di liberaldemocratici ne trovi quanti ne vuoi, e così pure di riformisti, ecco finalmente un conservatore che si autodefinisce tale e si vanta di esserlo. Questo libro farà bene al dibattito pubblico, se ne condividano o meno le tesi. Quella di Mantovano è una navigazione difficile, da un'idea all'altra, senza mai il riposo mentale del luogo comune, della ovvietà, o della verità di partito che altri hanno già acquisito. Tutto è documentato, spiegato, provato. È un modo di ragionare, il suo, che piace da morire al direttore del Foglio. «Non è stato uno sberleffo averlo definito il Violante del centrodestra», scrive Ferrara.

Che tipo di conservatore è Mantovano? È uno statalista, ma il suo Stato non deve essere né accentratore né prevaricatore; semmai autorevole e forte. È un sincero democratico, ma non un ipocrita. Parla esplicitamente di limiti della democrazia perché ci sono valori che non si possono mettere in discussione Ponzio Pilato? Il peggiore equilibrio tra democrazia e relativismo etico. Le sue certezze sono la fede e il diritto naturale. Naturalmente è antiabortista e antiscientista. E non ha paura di rileggere la storia dalla parte della plebe e non da quella dei martiri del 1799. E se Ganbaldi fIirtò con la camorra non lla remore a ricordarlo. La sua cultura èquella classica: cita Cicerone e Marco Aurelio, ma mentre molti suoi coetanei si sono fermati a Tolkien (apre il suo libro con una frase di Gandalf sulle gran di maree del mondo: «Non possiamo dominarle tutte», lui arriva fino ai migliori J;).eocons americani, da Russell Amos Kirk a N orma)1 Podhoretz, senza mai passare per --Evola e per Guénon, perché lui con quel pensiero antiamericano non ha proprio nulla a che vedere. La sua terra è l'Occidente. Allora come ora. Bellissime, ad esempio, le pagine finali sui cristiani eroi di Otranto, quelli che si opposero fine alla morte all'avanzata dei musulmani diretti a Roma.

L'unico cedimento ad un destrismo più prevedibile è forse una famosa citazione di Ezra Pound: «Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee. O non vale niente lui o non valgono niente le sue idee».

Dopo l'omaggio al Signore degli anelli, tutta la riflessione di Mantovano ruota intorno a due libri che hanno a che fare con un principe, l'Antiprince di Francois Sauzey, e Il piccolo principe di Saint-Exupery. Il primo è la storia di un cambio della guardia, di una inversione delle gerarchie. Una realtà ritrovata in cui però tutto si rovéscia. L'impresa pre vale sul cittadino, la legge di mercato su quella dello Stato, il mondo sulla patria, le etnie sulla civiltà, le borse e i mercati sui parlamenti e le istituzioni. La missione del conservatore, spiega Mantovano, è quella di rimettere le cose a posto. Come? Ecco l'altro libro, Il piccolo principe. «Se vuoi costruire una nave, non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente, a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi... Prima risve glia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato». Per ricostruire una politica, insomma, c'è bisogno di mobiljtare le grandi idee, i grandi valori. E ciò che, secondo Mantovano, hanno fatto Bush negli Stati Uniti e Berlusconi in Italia.

La critica al relativismo culturale è forte, potente. Pervade tutto il libro. Ma quanti di quelli che leggono Mantovano sanno che l'equivalente del relativismo, sull'altro fronte, è il fanatismo religioso? Quel fanatismo che secondo Nietzsche èl'unica forza di volontà di cui sono capaci i deboli? Altra critica feroce è allo scientismo, all'idea di un progresso che non può conoscere ostacoli. Ma questo non è un terreno esclusivo del pensiero conservatore. Nel suo ultimo libro' (Il coraggio di scegliere, Laterza) un liberale anarchico come Ferdinando Savater fa sua la risposta di Macbeth alla dark lady chélo incita ad uccidere Duncan. «Ti prego, taci. lo ho il coraggio di fare tutto quello 'Che ad un uomo può essere decoroso fare; chi osa fare di più non è un uomo». E a proposito della clonazione aggiunge: «Il progetto dell'umanità è che si viva tra simili e che mai qualcuno debba vedere nell'altro non un simile ma un creatore».

Ciò detto, sarà bello mettere a confronto con le idee di Mantovano quelle di un pensiero laico non radicale. Prendiamo ad esempio tutto il capitolo dell'eugenetica negativa, ossia la possibilità di eliminare in fase prenatale malattie chiaramente diagnosticabili. «Dopo gli errori del '900, dice Mantovano, il nuovo secolo sembra aprirsi nel modo peggiore e cioè ponendo la scienza e la tecnica al servizio della morte, in sale asettiche; la differenza rispetto ai campi di concentramento è soltan to dI più accurata precisione tecnica e di totale riservatezza». Gli potrebbe replicare un Remo Bodei quando invita a non preoccuparsI eccessivamente «dell'eventuale privazione dell'infelicità e del dolore come fattori di crescita uman1: la vi ta ne procurerà abbastanza ancne- da sani, come ha già affermato Sofocle nell'Elettra».

Altro punto ricorrente, nel libro, è quello relativo alle radici cristiane dell'Europa. Mantovano si rammarica per" ché nella CostituzIone europea quel richiamo non c'è. Le sue argomentazioni sono molto forti. E tuttavia anche qui può essere interes sante metterle a confronto, tra le altre, con quelle di un filosofo non piùcomunista come Biagio de Giovanni (L'ambigua poteflza dell'Europa, Guida editori). «E vero - scrive de Giovanni - che nella dichiarazione di indipendenza americana del 1776 c'è un riferimento esplicito al Creatore. Ma gli uomini fondatori d'America provenivano essenzialmente da una sola confessione religiosa, e mai da allora la religione come tale è stata elemento di divisione o di discriminazione. Lo sono stati la razza, il denaro, il sesso. In Europa, invece, l'invocazione di Dio ha spesso unito e non diviso. Quel Dio, conclude il filosofo, lo si dovette isolare nello spazio della interiorità per far nascere l'Europa moderna».

Che un uomo di governo come Mantovano trovi il tempo di riflettere così profondamente e non solo di agire è una garanzia per tutti, anche per chi milita nello schieramento avverso.


    

 

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