ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


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Articolo pubblicato su Quotidiano di Calabria
(Sezione:    Pag.     )
Sabato 22 Febbraio 2003

 

Da una ricerca della Bnc e del Censis emerge che senza le organizzazioni criminali il prodotto del Mezzogiorno avrebbe raggiunto quello del Nord

Tutta colpa della mafia


Roma - E' di 7,5 miliardi di euro all'anno l'incidenza della criminalita' organizzata sulle imprese meridionali. Senza questo ''tasso di zavorramento mafioso annuo'', dal 1981 a oggi il Pil pro capite del Mezzogiorno avrebbe raggiunto quello del nord. E' quanto emerge da uno studio promosso dalla Fondazione Bnc in collaborazione con il Censis. La ricerca ha coinvolto oltre 700 imprese meridionali con meno di 250 addetti. Tra gli imprenditori, sottolinea la ricerca, si avverte un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni e anche verso le associazioni della lotta al racket.

Per il 24,3% del campione, il contesto in cui si trovano ad operare gli imprenditori del Mezzogiorno e' molto insicuro. L'incidenza della criminalita' si fa sentire anche in termini di spese per dotarsi di sistemi di sicurezza: in tutto non meno di 4,3 mld di euro pari al 3,1% del fatturato complessivo delle imprese considerate nella ricerca. Il mancato valore aggiunto avrebbe potuto generare 180 mila unita' di lavoro regolari annue, vale a dire il 5,6% di quelle utilizzate attulamente dalle aziende prese in esame nello studio. Nel complesso, il volume di ricchezza non prodotta a causa delle criminalita' rappresenta il 2,5% del Pil del Mezzogiorno.

Nel commentare i dati, il procuratore nazionale antimafia, Pier Luigi Vigna mette in guardia da un pericolo: ''Sembra che per gli imprenditori ci sia quasi una accettazione della criminalita', che la considerino strutturale al panorama territoriale in cui operano, per cui non fa piu' paura ma anzi, cosa singolare, fa sicurezza. Quella sicurezza che non si ritiene di poter avere dallo Stato la si ripone nelle organizzazioni criminali e qui viene fuori la mafia come industria della protezione''. Ecco perche', per il procuratore nazionale antimafia, e' necessario ''dare impulso all'economia protetta per farne economia legale ed assorbire le frangie di disoccupati che possono essere attratti imprese illegale''. L'obiettivo dell'attuale strategia mafiosa, ha spiegato Vigna, e' ''anestetizzare la societa' civile, non richiamare piu' i movimenti di risveglio che possono sorgere solo di fronte a fatti eclatanti. Un''anestesia' che poi si riflette nei mezzi di comunicazione e, con un circolo abbastanza evidente, anche in taluni politici''. Contro l'infiltrazione mafiosa nella societa' e nell'economia ''e' necessario riconquistare la fiducia dei cittadini. Non e' solo una questione di repressione, e' un'azione che deve partire da lontano, dall'educazione nelle scuole''. Il rischio, rileva il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, e' quello di cedere ad una progressiva ''assuefazione nei confronti di richieste di natura illecita. Questo e' l'aspetto piu' preoccupante, perche' e' un problema culturale prima ancora che politico o istituzionale. In alcune zone del meridione sembra che l'estorsione sia scomparsa perche' si fa strada il costume di chiedere di meno a piu' soggetti. Con richieste piu' basse su un fronte piu' ampio, nel calcolo costi-benefici gli imprenditori possono tendere a ritenere tutto sommato accettabile la richiesta estorsiva''. Da Mantovano, poi, un invito agli imprenditori ''ad investire al Sud. Ma rinuncino -sottolinea- ad accettare la richiesta estorsiva''. Altro problema i subappalti al ribasso, ''a costi tali che l'aggiudicazione finisce per andare di pari passo con il ricorso al lavoro nero''. A questo proposito, e' allo studio ''un meccanismo di controlli seri, penetranti in chiave di prevenzione che rendono sconveniente aggirare le norme ed ingerirsi in modo illecito nell'attivita' economica. La Dia sta analizzando un sistema che consente di intervenire prima, di scoprire nei meccanismi di assegnazione degli appalti e in alcune alterazioni d'asta gli indizi di penetrazione illecita nell'economia che vanno stroncati sul nascere''.

Alla presentazione della ricerca hanno preso parte anche Gaetano Arconti, presidente della Fondazione Bnc, Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, Carlo Vizzini, componente della Commissione parlamentare antimafia, Claudio De Albertis, presidente dell'Ance e Giuseppe De Rita, segretario generale del Censis.


 

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