ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su Corriere Adriatico
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Mercoledì 12 Gennaio 2005

 

Dopo l’allarme di Favara scoppia la polemica

 

 “I terroristi islamici reclutati nelle moschee”

 


 

ROMA - Nelle moschee italiane si reclutano terroristi islamici da utilizzare per attentati nei paesi occidentali o da inviare in Iraq a combattere contro le forze della coalizione internazionale. A lanciare l’allarme è il procuratore generale della Cassazione Francesco Favara, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario davanti a Ciampi e Berlusconi. Un allarme respinto però con forza dalle associazioni islamiche in Italia che accusano il procuratore di non conoscere la realtà musulmana e gli chiedono di fare, se li ha, nomi e cognomi di terroristi e reclutatori. “Alcuni luoghi di incontro della comunità islamica in Italia sono utilizzati oltre che per l’attività di supporto e sostegno al terrorismo internazionale, anche come osservatori per l’individuazione di possibili reclute” dice Favara, sostenendo che “le organizzazioni terroristiche hanno caratteristiche che le rendono più sfuggenti e meno permeabili alle indagini in quanto strutturate in forma non rigida nè gerarchica e capaci di operare con cellule disseminate sul territorio”.

Un allarme che, secondo il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, “confermano le indagini svolte negli ultimi anni in varie città italiane e puntualmente registrate dalle relazioni dei corpi di polizia e dei servizi, su cui più volte il Viminale ha richiamato l’attenzione”.

Il primo a rispondere alle accuse del pg è il portavoce del centro culturale islamico di Roma, Mario Scialoja che non esclude la possibilità di “incontri fuorilegge” all’insaputa dei vertici delle moschee, sottolineando però che queste sono “soltanto luogo di preghiera e di incontro, che svolgono una funzione sociale”. Quanto al terrorismo, si tratta di un “male dei nostri anni”, che va combattuto “ovunque” ed è un “fenomeno di tutto l’Occidente, non limitato solo ai musulmani”. “Si pensi - conclude - a quello cattolico in Irlanda del Nord’'.

Più duro il presidente dell’istituto culturale islamico di viale Jenner a Milano (moschea al centro di diverse indagini) Abdel Hamid Shaari. “Quando un magistrato parla di certe cose o fa i nomi, i cognomi, dice i luoghi a cui si riferisce o sarebbe meglio che avesse maggiore cautela” sottolinea. “Su di noi è stata cucita una cattiva fama - aggiunge Shaari - ma troppo spesso si confondono i luoghi con le persone che li frequentano. Le cose dette dal procuratore generale mi sembrano pronunciate da chi non conosce per nulla la vita delle moschee. Se sa qualcosa faccia delle denunce precise: noi siamo i primi che vorremmo sapere”. E chiede chiarezza anche l’Imam di Colle Val d’Elsa Fers Jabareen.

“E' come se si dicesse la stessa cosa per le chiese cattoliche in Sicilia a proposito della mafia - dice - le moschee e i luoghi santi dei musulmani devono servire solo per lo sviluppo spirituale dei giovani e se ci sono dei fondamentalisti e degli estremisti che le frequentano, si tratta solo di una infima minoranza”. Dunque basta accuse generalizzate quando, invece, servirebbe il dialogo. “Non si può continuare ad alimentare odio e ostilità nei confronti delle comunità islamiche - aggiunge - Oggi tutto il mondo civile lotta contro il terrorismo e noi affianchiamo la nostra voce a chi lo combatte. Proprio per questo la cosa essenziale è il dialogo”.


    

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