ALFREDO MANTOVANO
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
MINISTERO DELL'INTERNO

 


Interventi sulla stampa

 

Articolo pubblicato su    Brescia Oggi
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Venerdì 16 gennaio 2004

Pietro Gorlani

I 43 giovani assunti per la «sanatoria» dal primo gennaio sono a casa. Il segretario del Nidil-Cgil: «Identico problema nelle case di riposo»

 

Co.co.co sul piede di guerra, vogliono il rinnovo

Diallo dell’Ufficio immigrati: «Le pratiche ora sono lente e questo non aiuta i lavoratori stranieri»


 

Quarantatrè giovani lavoratori interinali (1.250 in tutta Italia) assunti da prefettura, questura e direzione provinciale del lavoro di Brescia per sbrigare le migliaia di pratiche di regolarizzazione immigrati previste dalla «Bossi Fini» e poi lasciati a casa a partire dall’1 gennaio 2004. Chi si aspettava l’apertura dello Sportello unico immigrazione (così come previsto dalla stessa legge "Bossi-Fini", art. 33 del decreto legge 195/2002) e il probabile rinnovo del contratto ha preso un abbaglio. Flessibilità. Flessibilità adottata non da aziende private ma da enti pubblici, «costole» dello Stato di Diritto. Ieri una trentina di questi lavoratori hanno manifestato fuori dagli uffici per l’Immigrazione della Pretura siti nell’ex caserma Randaccio di via Lupi di Toscana. Chiedono il rinnovo del contratto di lavoro per un anno, per poter portare a termine il lavoro iniziato (dei 24 mila domande di regolarizzazione a Brescia ne sono state espletate 20mila) e l’immediata attivazione dello Sportello unico per l’immigrazione. Con loro Simone Cardin - segretario territoriale del Nidil Cgil, il sindacato che difende le «nuove identità lavorative», presente da due anni anche a Brescia e nato in difesa del popolo dei «Cococo» e delle nuove figure lavorative apparse con la recente riforma del lavoro. «Tutti questi ragazzi avevano acquisito una conoscenza più che buona delle pratiche burocratiche per la regolarizzazione degli immigrati - ha spiegato Simone Cardin, segretario territoriale del sindacato Nidl-Cgil -: espletavano circa 200 pratiche al giorno. Ora sono disoccupati e negli uffici immigrazione della Prefettura sono rimasti tre poliziotti, che devono far fronte a migliaia di richieste; con i conseguenti disagi per i lavoratori immigrati ma anche per le aziende bresciane dove essi lavorano».

Il 9 dicembre 2003 una delegazione sindacale rappresentante i lavoratori interinali per la procedura di regolarizzazione dei lavoratori immigrati ha incontrato il sottosegretario al Ministero dell’Interno l’onorevole Mantovano, il quale ha affermato l’indispensabilità della continuità della prestazione lavorativa degli stessi al fine di poter concludere le restanti pratiche di regoralizzazione e ha promesso di attivare lo sportello unico per l’immigrazione previsto dalla stessa legge «Bossi-Fini». Alla proposta di indire un concorso pubblico per sopperire alla dichiarata carenza di personale, il sottosegretario stesso ha controproposto la proroga della durata di un anno del contratto di lavoro interinale. «Ma nonostante quattro colloqui la situazione è pressochè uguale - ricorda Cardin -. Qualora le promesse non venissero rispettate prevediamo altre forme di mobilitazione». Pensare che Brescia era conosciuta per la sua efficienza nello svolgere le pratiche di regolarizzazione, ha ricordato Cardin, e venivano aziende anche da altre provincie.

«Quella del lavoratori interinali è una piaga che è destinata a crescere con l’introduzione della "Legge Biagi", che prevede 40 tipologie di contratto nell’ambito delle collaborazioni - spiega Cardin -. Lavori a tempo indeterminato che creano una sempre crescente precarizzazione: lo stesso problema si sta verificando con le case di riposo del comune di Brescia». Sarà anche per questo che il Nidil, in un anno, ha triplicato il numero dei suoi tesserati: da 114 a 300. Fuori dagli uffici dell’ex caserma Randaccio c’era anche Ibraim Diallo, responsabile ufficio immigrati per la Cgil di Brescia. «Sono ancora migliaia gli immigrati in attesa della definitiva regolarizzazione - ricorda Diallo -. Questi licenziamenti non aiutano di certo gli immigrati: se prima si esaminavano cento pratiche al giorno ora sono meno di venti. Ore di coda, gente che deve ritornare più volte perchè manca una pratica. Tutto questo non aiuta di certo i lavoratori immigrati».

 

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